L’interesse per la sessualità nell’infanzia e la scoperta della provenienza sessuale dei bambini
Simone Bruschetta
Il signore, il cui oracolo è a Delfi, non dice né nasconde, ma accenna.
Eraclito, Sulla Natura
«L’ambiguità, le elusioni, le negazioni di Tiresia sono complementari e antagoniste rispetto alla arroganza e soprattutto rispetto alla curiosità indagatrice di Édipo.»
F. Corrao, Modelli Psicoanalitici
L’interesse per la sessualità nell’infanzia è uno dei principali oggetti di ricerca, di studio e di lavoro della psicoanalisi. La sessualità infantile rappresenta infatti un punto di snodo fecondo per lo sviluppo degli innumerevoli concetti teorici e metodologici che hanno storicamente caratterizzato l’impatto clinico e culturale della psicoanalisi sulla società contemporanea.
La lettura dei Tre saggi sulla teoria sessuale (OSF, vol.4), ad esempio, oggi come un secolo fa, accende con una improvvisa fiammata la curiosità per l’approfondimento delle teorie che Freud ha elaborato in merito con il suo solito atteggiamento, tanto umile e rigoroso quanto pionieristico e curioso. Il contenuto di tali saggi, rimaneggiato e ripensato costantemente dallo stesso Freud per più di un decennio, possiede un valore euristico inestimabile per tutta la ricerca psicologica e psicoanalitica successiva, al punto da ergersi come riferimento costante ad un approccio passionale alla conoscenza per tutti gli psicoanalisti.
Freud si presenta in quest’opera come un pensatore impareggiabile, capace di presentare, trattare e contemporaneamente risvegliare una «pulsione di sapere o di ricerca» in ogni suo lettore, riportandolo immediatamente a contattare le proprie esperienze infantili, tra le quali la stessa esperienza della curiosità, passione tipicamente infantile.
I Tre saggi sulla teoria sessuale, furono pubblicati nella loro prima edizione nel 1905, ma il quinto capitolo del secondo saggio, quello interamente dedicato appunto alla «pulsione di sapere o di ricerca» vi è stato integralmente aggiunto, solo successivamente, nel 1914 per la terza edizione dell’opera e riprende la ricerca che Freud sviluppa in quegli anni sull’urgenza vitale dell’esplorazione sessuale durante la prima infanzia e sulle conseguenti teorie sessuali dei bambini.
Vorrei focalizzare l’attenzione su uno dei due punti di partenza dell’esplorazione sessuale dei bambini, così come descritto da Freud nei Tre saggi ed in svariate altre sue opere: la questione della provenienza sessuale dei bambini. Il secondo grande problema che impegna i bambini della loro esplorazione durante la prima infanzia è invece, sempre seguendo Freud, la questione delle differenze anatomiche dei sessi, che proverò a lasciare a margine per focalizzare l’attenzione direttamente sulla prima questione. Ambedue le questioni attengono comunque alla cosiddetta «pulsione di sapere o di ricerca», che si presenta con inattesa intensità sin dalla prima infanzia, e che si rivolge essenzialmente ai problemi sessuali o meglio, come appunto dice Freud stesso nel suddetto saggio, dai quali «ne è risvegliata per la prima volta» (OSF, vol.4, pag. 503).
La pulsione epistemofilica
In tutti i saggi e gli scritti in cui Freud parla di tale pulsione, durante un arco di tempo che abbraccia gran parte della sua opera, queste due questioni, la provenienza dei bambini e le differenze anatomiche, si alterneranno sia nell’ordine di importanza per l’interesse che suscitano nella sete di sapere dei bambini, sia nell’ordine di causalità nel risveglio di tale interesse stesso. Ora la questione della differenza di sesso, ora la questione della provenienza dei bambini, si presentano come questione dell’origine della «pulsione di sapere o di ricerca», che da quel che sappiamo, pur non potendo essere né annoverata tra le componenti pulsionali elementari, né subordinata esclusivamente alla sessualità, attiene ai più importanti processi di sviluppo sessuale e psicologico scoperti dalla psicoanalisi (a partire dal complesso di evirazione e dall’invidia del pene ad esso connessa, continuando con le rappresentazioni sadiche dell’atto sessuale e finendo con quelle traumatiche della nascita).
Nel saggio del 1925 su Alcune conseguenze psichiche della differenza anatomica tra i sessi, Freud, seguendo la storia di come si svegli questa pulsione, avanza anche l’ipotesi che per le bambine sorga prima il problema della differenza anatomica tra i sessi e solo dopo quello di dove vengano i bambini, mentre invece nel capitolo ad essa dedicato nei Tre saggi, questa differenza non viene ancora posta, e si descrive chiaramente come il primo problema che occupi il bambino non è la differenza di sesso, bensì l’enigma da dove vengono i bambini. Resta comunque il fatto che le due questioni principali dell’esplorazione sessuale infantile sorgono per rispondere a due problemi diversi, e quello che riguarda la nascita dei bambini sembra essere collocato su un livello logico, oserei dire epistemologico, diverso da quello che riguarda la differenza sessuale.
Le differenza anatomiche tra i sessi sorgono come questione di ricerca in conseguenza delle vicissitudini riguardanti la necessità di padroneggiare le spinte al soddisfacimento sessuale senza compromettere le esigenze di autoconservazione, ricollegandosi direttamente al complesso di castrazione ed all’invidia del pene. L’enigma della nascita dei bambini attiene invece al timore egoistico che un nuovo nato possa compromettere le stesse condizioni di base che permettono il soddisfacimento, sia delle esigenze di autoconservazione sia di quelle sessuali, allontanando definitivamente la madre da lui. Su come affrontare quest’ultimo problema il bambino ha molti meno indizi rispetto a quelli che gli eccitamenti sessuali e le esigenze dell’Io gli forniscono per orientarsi nell’affrontare il primo problema.
Ambedue le spinte esplorative vengono da una risposta all’angoscia, ma la prima dall’angoscia di castrazione, che riguarda la perdita dell’organo fonte della pulsione sessuale, la seconda dall’angoscia della perdita dell’oggetto che media la soddisfazione di tutte le pulsioni vitali, sia quelle sessuali che quelle di autoconservazione, in primis la madre.
Nello stesso periodo in cui Freud scriveva questo capitolo oggetto di riflessione, lavorava al saggio metapsicologico Pulsioni e loro Destini datato 1915, nel quale presentava il concetto di pulsione «come un concetto limite tra lo psichico e il somatico, come il rappresentante degli stimoli che traggono origine dall’interno del corpo e pervengono alla psiche, come una misura delle operazioni che vengono richieste alla sfera psichica in forza della sua connessione con quella corporea» (OSF, vol. 8, pag. 17). Con la formulazione della domanda «da dove vengono i bambini?» mi sembra quindi che Freud presenti una specifica operazione psichica richiesta dal risveglio di una pulsione che ha però come meta, non il soddisfacimento di una spinta alla ricerca di un soddisfacimento somatico, ma il soddisfacimento di una spinta alla ricerca di un sapere sullo stesso confine tra psichico e somatico.
La pulsione di sapere ha quindi come oggetto l’enigma della nascita della vita stessa, intesa come primario concetto psichico e somatico al contempo, e la relazione primaria con il corpo della madre. Questo è l’enigma posto sotto forma di domanda dalla sfinge tebana e che il bambino rivolge, nella forma distorta «da dove vengono i bambini?», primariamente alla madre ed agli adulti che si prendono cura di lui nel suo ambiente di vita. La pulsione di sapere appare quindi avere come oggetto non solo il corpo della madre, ma anche la sua psiche.
Ma forse, a rifletterci bene, questa domanda ha un valore ancor più enigmatico se si pensa è, sì sostenuta da una pulsione di ricerca sulla nascita della vita, ma con l’intento pratico ed egoistico di evitarla, piuttosto che si favorirla. «Come se il bambino cercasse mezzi e vie per impedire un evento così indesiderato», come ebbe a dire Freud nel saggio sul Leonardo (OSF, vol. 6, pag. 225). O ancora, «quasi che al pensiero fosse affidato il compito di prevenire il ripetersi di eventi a tal punto temuti», come specifica nel saggio sulle Teorie sessuali dei bambini (OSF, vol. 5, pag. 454).
Ma adesso concentriamo la nostra ricerca sul tema specifico aperto dell’ultimo paragrafo del quinto capitolo del secondo dei Tre saggi, nel quale Freud chiude la puntuale disamina degli argomenti connessi all’esplorazione sessuale tra il terzo e il quinto anno d’età, descrivendo il tipico fallimento dell’esplorazione sessuale dei bambini dovuto alla domanda «da dove vengono i bambini?» posta agli adulti, primi fra tutti i genitori.
Il tipico fallimento nella risposta alla domanda «da dove vengono i bambini?»
I bambini iniziano a porsi questa apparentemente semplice domanda, quando la loro maturazione psicologica e sessuale si incontra con minaccia dell’arrivo di un fratellino. L’occasione porta al manifestarsi di una serie di tentativi di difesa da tale minaccia, e questa domanda assurge al rango di vero e proprio enigma, anzi al rango di quello speciale enigma sulla natura dell’animale Uomo presentato ad Édipo dalla Sfinge di Tebe. Del quale la domanda «da dove vengono i bambini?» non ne è appunto che una forma distorta, come appunto affermato da Freud nel capitolo dei Tre saggi dedicato alla pulsione di conoscenza (OSF, Vol. 4, pag. 503).
Come già detto questo tema si incrocia con l’origine, non soltanto della scoperta del complesso nucleare della nevrosi (vedi Teorie sessuali dei bambini, OSF, vol. 5, pag. 455), meglio conosciuto poi come complesso edipico, ma anche con tante questioni presenti nei saggi dedicati all’istruzione sessuale dei bambini, alle ricerche antropologiche sui popoli, sulle fiabe e sui miti, al destino della funzione intellettuale dell’esplorazione scientifica o allo sviluppo di nevrosi ossessive e fobie infantili, e ritorna alla fine addirittura come metafora dello studio della letteratura psicoanalitica e della situazione di traslazione, nel saggio del 1937 Analisi terminabile e interminabile.
Freud individua una serie di stati d’animo che accompagnano questo tipico fallimento, dedicando la sua attenzione più agli effetti delle risposte inadeguate degli adulti che alla incapacità di acquisire la corretta conoscenza a causa dell’ancora incompleta maturazione psicologica e sessuale dei bambini. In particolare, qui Freud presenta l’ipotesi che questa particolare ricerca sessuale viene sempre condotta in solitudine, sancendo la prima vera e profonda estraneazione del bambino dalle persone del suo ambiente, delle cui spiegazioni diffida silenziosamente, dissimulando ai loro occhi il poco credito che dà loro.
La domanda posta alle persone che si prendono cura di lui trova spesso una risposta poco credibile, elusiva, se non addirittura una reazione di rimprovero per la curiosità inopportuna che manifesta, con la rituale conseguenza di vere e proprie proibizioni alla prosecuzione di questa ricerca. La spiegazione che richiede questa domanda si presenta così, «solitamente incompleta e svalutativa» agli occhi del bambino, e «sovente produce degli effetti traumatici», come scrive Freud nella ventesima lezione dal titolo «La vita sessuale umana» dell’Introduzione alla psicoanalisi, redatta nel semestre invernale 1916-17 (OSF, vol. 8, pag. 477).
Nel saggio del 1908 sulle Teorie sessuali dei bambini Freud descrive come da tale situazione di sfiducia e di sospetto verso i «grandi» può originare un conflitto psichico che può portare ad una vera e propria scissione psichica tra una «spiegazione giusta connessa con l’essere buoni», che assume carattere dominante, sospendendo la ricerca per prenderne il suo posto nella coscienza, ed una «spiegazione non validata» che viene repressa nell’inconscio, per la quale il lavoro esplorativo segreto aveva però già fornito diverse prove.
Le conseguenze di questo scacco nella prima prova di autonomia intellettuale rispetto al proprio ambiente, sono mirabilmente descritte da Freud nel saggio del 1910, Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci, nel quale viene descritto come da uno stato d’animo esplicitamente depressivo che accompagna le vicissitudini dell’esplorazione sessuale infantile, ne possa successivamente derivare, dopo la rimozione dell’età di latenza, un destino, in età puberale, di inibizione sessuale e intellettuale di tipo nevrotico, uno di rimuginazione ossessiva inconcludente tipica della coazione nevrotica a pensare e dell’abulia sessuale o invece un destino di sublimazione delle spinte libidiche in una spinta alla ricerca orientata all’indipendenza dalla morale dominante, al rigore scientifico ed al sapere universale.
Ritengo che il sentimento di solitudine così ben individuato da Freud in queste vicissitudini della prima infanzia, rappresenti il prototipo di un primitivo sentimento depressivo di incapacità nel far fronte all’angoscia prodotta dall’urgenza vitale del rischio rappresentato da una nuovo bambino con il quale dividere le cure materne. Tale sentimento, colorandosi subito delle tonalità della diffidenza, della sospettosità e della «ripulsa» nei confronti dei genitori che indugiano in risposte inadeguate e che quindi feriscono la sua curiosità, rafforza il suo proposito di mantenere segreti i propri interessi sessuali, malgrado la brama di sapere che lo avvince. Ma tale depressione in realtà dà anche origine a certe operazioni psichiche che compaiono per la prima volta nella vita del bambino senza le quali la stessa maturazione libidica risulterebbe a rischio.
Nel già citato saggio sul Leonardo, Freud porta a testimonianza di tale brama nei bambini piccoli, «il loro instancabile piacere di fare domande, che l’adulto trova enigmatico finché non si rende conto che tutte queste domande sono soltanto dei giri di parole e che non possono aver fine perché il bambino sta solo cercando di sostituire con esse un’unica domanda che tuttavia non pone» (OSF, vol.6, pag. 225), la domanda posta dalla sfinge tebana.
Da questo ripetuto fallimento sembra infatti emergere nel bambino anche un primo abbozzo di capacità dissimulativa, al limite della finzione, nel continuare segretamente la sua esplorazione anche attraverso le continue domande indirette fatte ai genitori.
Come scrive ancora Freud sul tema dell’enigma della Sfinge, nello stesso quinto paragrafo in esame, «la minaccia delle sue condizioni di esistenza a causa dell’arrivo, sperimentato o presunto, di un nuovo bambino, la paura di una perdita di sollecitudine e di amore connessa con questo nuovo evento fanno riflettere il bambino e lo rendono perspicace» (Freud, OSF, vol.4, pag. 503).
Il bambino si sente defraudato della verità da parte dei genitori, o degli adulti in genere, e sembra di conseguenza svilupparsi una frattura profonda nei loro confronti, dai quali si sente abbandonato in questa ricerca e per i quali non è più possibile sviluppare sentimenti di perdono e di fiducia, fino a quando avverrà l’energica rimozione sessuale all’ingresso dell’età della latenza.
Sembra proprio un ulteriore enigma questa scoperta di Freud, che testimonia come la questione fondamentale dell’origine della vita, che tanto ha affascinato le menti speculative della nostra specie, nasca sotto il pungolo di una delle pulsioni egoistiche che dominano l’essere umano nella prima infanzia, quando si ritrova ad affrontare l’urgenza vitale di una minaccia alla sua stessa esistenza rappresentata dalla venuta al mondo di un nuovo bambino.
La capacità di pensare, acuita da tale esperienza di difesa dall’angoscia generata da un pericolo sperimentato o presunto, risulta intimamente connessa al sentimento di solitudine provato rispetto alle persone che si prendono cura di lui nel suo ambiente di vita, verso le quali aveva prima avuto la piena fiducia e che adesso per la prima volta considera estranei a sé.
Quella che Freud chiama «estraneazione del bambino dalle persone del suo ambiente» (OSF, vol.4, pag. 503), sembra quindi risvegliare per la prima volta, ma già in una tenerissima età, non soltanto la sua capacità di riflettere sulla realtà esterna per carpirne i segreti che in essa sono celati, ma anche la sua capacità di discernere sulla conoscenza ingannevole fornitagli dagli adulti.
La conoscenza della realtà diventa quindi un atto di appropriazione di qualcosa di proibito, ricercato con strategie indagatrici tese a superare ostinatamente la proibizione imposta dai «grandi», anche con la dissimulazione e con l’inganno.
E qui mi sembra di essere di nuovo ritornato al cuore della tragedia edipica.
Fallimento generativo?
Vorrei concludere questa riflessione con un ultimo appunto sul tipico fallimento nella ricerca di una risposta dei genitori alla domanda «da dove vengono i bambini?». Come già detto, Freud ha sottolineato che gli esiti possono non essere soltanto patogeni, come tra l’altro egli ha sempre affermato riguardo agli esiti degli eventi traumatici in generale. Anche se la linea di demarcazione tra gli eventi traumatici capaci di ostacolare lo sviluppo psichico e gli eventi traumatici potenzialmente in grado di favorirlo, non sempre è facilmente ed aprioristicamente individuabile, e neanche in questo caso.
Sembra che anche in questo caso, che ricade sotto gli effetti della pulsione di sapere, l’essere umano sia predisposto ad incontrare l’evento traumatico, come in tanti altri casi riguardanti le pulsioni libidiche, dato che la domanda enigmatica tende a sorgere proprio in una età della vita nella quale egli è costituzionalmente incapace, per maturazione sessuale ed intellettiva, di superare la condizione di ignoranza di alcuni degli elementi fondamentali per costruire la corrispondente risposta, ed è obbligato ad interrogare i genitori. Freud ne individua due nel solito paragrafo dei Tre saggi: «la funzione del seme fecondativo e l’esistenza dell’orifizio sessuale femminile - punti nei quali del resto l’organizzazione infantile è ancora arretrata» (OSF, vol.4, pag. 505).
Il conflitto psichico che si genera con il tipico fallimento nella risposta a questa domanda, appare così un conflitto inevitabile, come lo è la risposta alla domanda stessa. Su questa che diventa adesso la prima prova di autonomia intellettuale del bambino, si potrà ergere lo sviluppo di quell’orientamento indipendente verso il mondo, che Freud colloca in questa età della vita. Se è vero che un insuccesso nella ricerca della risposta a questa domanda potrà avere «un effetto paralizzate su tutti i tempi a venire», come disse Freud nel saggio sulle Teorie sessuali dei bambini, e altrettanto vero però, parafrasando un’ultima volta le sue parole, che l’effetto traumatico derivante da questo tipico fallimento può contemporaneamente favorire lo sviluppo di quell’attività del «rimuginare e dubitare […], esemplare per ogni ulteriore lavoro mentale volto a risolvere dei problemi» (OSF, vol. 5, pag. 459).
Posti di fronte a questo enigma, gli adulti sanno che non devono dire esplicitamente tutto quello che in realtà i bambini non possono neanche pienamente capire, ma non possono neanche nascondere completamente tutto dando loro l’idea che le cose sessuali debbano rimanere segrete. Posti di fronte a questo enigma gli adulti possono rivivere il risveglio della loro originaria pulsione di sapere o al contrario possono rivivere il fallimento paralizzante sul loro lavoro mentale.
Nel primo caso continueranno a sostenere lo sviluppo di una curiosità indagatrice che non può essere mai spenta proprio perché in grado di tollerare le frustrazioni dell’incertezza e dell’ignoranza, accedendo così ad una dimensione poetica che riesca ad «accennare a cose reali collegandovi cose impossibili». Nel secondo caso spegneranno nuovamente il piacere della ricerca sulla vita umana, nella quale il somatico e lo psichico prendono parte all’unisono, ripiegando di conseguenza su una visione difensiva della sessualità umana che separa il somatico dallo psichico e la sessualità dalla vita stessa.
Tutta la teorizzazione di Freud in merito alla pulsione di sapere, rende bene l’idea di come la vita umana rappresenti un enigma e ogni bambino una sfinge, per i propri genitori, allorquando porge loro la domanda delle domande. Essa rappresenta una domanda che non può essere risolta una volta per tutte con una singola risposta, che deve continuare a dispiegare i suoi effetti sulla vita delle persone tra le quali viene scambiata e che quindi continua a mettere in relazione tra loro con modalità sempre nuove.
La costituzione sessuale ancora non all’altezza del compito generativo, che ha il bambino quando formula questa domanda, lo costringe ad un’indagine insolubile, dalla quale emerge un nuovo processo generativo che prevede il concepimento di una nuova conoscenza che contempli l’ignoranza e le separazioni reciproche tra lui e i suoi genitori. La maturazione sessuale del bambino che lo porta gradualmente alla possibilità del concepimento biologico appare così anche il frutto una maturazione psichica basata su un altrettanto graduale ri-concepimento della vita umana, da parte delle persone che costituiscono il suo ambiente di accudimento.
Quando gli adulti che si prendono cura di un bambino non riescono a concepire una conoscenza in grado di non chiudere, ma di sostenere la sua ricerca in merito alla domanda «da dove vengono i bambini?», allora mi sembra che questi vadano in contro ad un fallimento generativo, con conseguenze patogene molto più estese di quelle che abitualmente vengono attribuite a fallimenti esplorativi.
Conclusioni
Vorrei chiudere queste riflessioni riportando il consiglio che dà Freud in merito a come affrontare questa domanda, nel saggio del 1907 sulla Istruzione sessuale dei bambini. Il testo giù riportato ci mostra tutta la sua profondità epistemologica nell’affrontare con passione la ricerca della verità, senza mai tradire i metodi della conoscenza umana ed utilizzando di volta in volta un linguaggio in grado di parlare non solo agli adulti ma anche e soprattutto ai bambini che questi adulti sono precedentemente stati e che vengono risvegliati ogni volta che viene loro riproposta questa domanda.
«Quello che piuttosto importa, è che i bambini non si formino mai l’idea che si vogliano mantener loro segrete le cose della vita sessuale, più che non altre cose che non sono ancora in grado di capire. E per ottener ciò è necessario che fin da principio gli argomenti sessuali siano trattati allo stesso modo di ogni altra cosa che meriti di venir conosciuta» (OSF, vol. 5, pagg. 360-1).