Il danno della pandemia sui bambini
Riccardo Romano
Il danno maggiore della pandemia lo subiscono i bambini, cioè il futuro, la speranza, la libido vitale, con il sopravvento invece della pulsione di morte insita pericolosamente in ogni uomo.
Tralascio di scrivere degli attacchi ai bambini di cui ho già scritto: degli attacchi in famiglia, degli attacchi dei pedofili che si annidano ovunque, ecc. Tuttavia sono necessari alcuni aggiornamenti. L'Associazione culturale pediatri (Acp) denuncia: traumi cranici da abuso decuplicati, violenza, nuove povertà, isolamento, regressi scolastici, diagnosi mancate. Sono anche queste le conseguenze sui bambini della pandemia da Covid-19 e della chiusura, durante il lockdown, delle scuole e dei servizi sanitari e di assistenza sociale. Tempi più lunghi per addormentarsi, aumento dei risvegli notturni. Sono i disturbi del sonno che hanno colpito i bambini durante il lockdown, secondo quanto riferito dai circa seimila genitori che, dal 7 maggio al 15 giugno, hanno partecipato al sondaggio lanciato dalla Federazione italiana medici pediatri (Fimp).
Mi concentrerò sulla scuola malata di virus. È impressionante la facilità con cui si è decisa la chiusura delle scuole, non considerando il fondamentale pilastro della scuola per l’homo sapiens. Si è scelto fra il rischio del contagio, comunque raro e relativo, che fa chiudere le scuole scippando ai bambini e ai giovani un loro diritto di imparare in continuità con gli insegnanti e in presenza del gruppo dei compagni, e l’assurda e alienante didattica a distanza come se fosse la stessa cosa della didattica in presenza con altri esseri umani e non con uno strumento, ammesso che si possieda. Tuttavia voglio analizzare nel dettaglio l’attacco ai bambini lungo la loro crescita. Il primo attacco è sùbito, sin da neonati, attraverso l’attacco alle madri insegnanti che allattano. Dopo tre mesi dal parto, la madre insegnante deve rientrare a scuola. Ha diritto di avere un’ora al giorno per l’allattamento. Concessione impossibile e cattiva perché evidentemente non si ha tempo di allattare di presenza, ma si è costrette a tirare il latte per farlo dare a distanza da qualche altra persona. Ma c’è qualcuno che riesca a capire che cosa significhi l’allattamento al seno per il bambino, quando si ha la fortuna di poterlo fare? In breve ne va della buona salute sia fisica che mentale del bambino. Non avere chiaro cosa la madre trasmette con il seno pieno di latte al bambino è segno o di cattiveria o di grave ignoranza, ancora una volta da parte degli esperti, degli scienziati, dei politici, dei dirigenti scolastici, che decidono.
Più avanti nella crescita, una madre lavoratrice, senza supporti parentali o possibilità di avere delle babysitter, è costretta a lasciare i figli piccoli al nido o all’asilo. Capita sempre più spesso, a parte i casi drammatici di esercizio di violenza sui bambini esercitata da chi dovrebbe accoglierli e proteggerli, di venire a conoscenza di allarmi eccessivi, per ignoranza umana o per inculcata conoscenza tecnica delle maestre, circa la normalità dei bambini. Infatti se qualche bambino manifesta un personale approccio al parlare con i propri tempi di maturazione viene immediatamente indirizzato a logopedie inappropriate; oppure se un bambino mostra un particolare modo di muoversi insopportabile per la maestra, viene immediatamente indirizzato ad un controllo psichiatrico inopportuno se non disastroso. Tutto questo ed altro è un attacco perché non rispetta i tempi e i modi personali dei bambini costringendoli ad una massificazione normalizzante e liberticida dell’individualità creatrice.
Arrivati alle prime classi elementari, questa scuola confusa e spaventata pretenderebbe da bambini ancora piccoli che siano in grado di essere responsabili rispetto a normative militaresche. I bambini dovrebbero essere in grado di stare fermi al banco singolo senza compagno, di indossare accuratamente le mascherine che invece diventano oggetto di gioco tra loro mettendosele dappertutto. Soprattutto in alcune classi particolari le maestre, non dotate di alcuno strumento didattico, non riescono a svolgere la ben che minima funzione di insegnamento impegnate duramente in un controllo del presunto buon comportamento. C’è il rifiuto della consapevolezza che in Italia esistono differenze a volte drammatiche non soltanto tra le regioni del nord e quelle del sud, ma spesso all’interno dello stesso agglomerato urbano. Non tutte le famiglie sono in grado di trasmettere la lingua italiana e una cultura civile. Si pretende che i bambini abbiano uno stato d’animo uniforme, privo di condizionamenti esperienziali. Un bambino che ha il padre in carcere non può essere libero di occuparsi di imparare a leggere e scrivere come un bambino che ha il padre a casa anche se viene picchiato nella forma più classica di violenza sui bambini. Un bambino che sta vivendo la separazione dei genitori non può non essere irrequieto e essere interessato a imparare ciò che gli servirà per la vita. Sempre meno famiglie riescono a seguire i figli bambini nella difficile acquisizione del sapere. Per i troppi figli, per i pochi soldi disponibili per acquistare libri e figurarsi il computer, per gli impegni di lavoro, o politici, o di rappresentanza sociale. Crescendo i bambini si trascinano le carenze non risolte, ma che vengono sottaciute omertosamente da tutti: famiglie, insegnanti, dirigenti scolastici, politici, per non mettere in crisi l’andamento falso nelle relazioni tra persone. Visto tra l’altro che attualmente le persone non vengono nemmeno considerate. Il principale problema di questa stagione umana è la scomparsa dell’umanesimo: corrente culturale, filosofica, scientifica, tecnologica artigianale, che ha costruito l’uomo moderno. Che ha avviato una scoperta disattesa dell’importanza di curare i bambini se ci si vuole salvare, introducendo il pensiero del futuro della Terra e della persona.
Pubblicato su «La Sicilia» il 20 novembre 2020 con il titolo Gli effetti della pandemia sui bimbi di oggi e di domani,
e su Spiweb.it